martedì 29 agosto 2017

Personalità......le maschere della vita!


Che cos’è che ci rende così unici ed allo stesso tempo così differenti gli uni dagli altri nel pensare e nel comportarci? Come mai molte persone riescono a superare i momenti stressanti con facilità, mentre altri cadono al primo tentativo?
Possiamo rispondere a queste e altre domande simili con un'unica risposta: la personalità.

Grazie alla personalità ci distinguiamo dagli altri per il nostro modo di ragionare e di esprimerci nel mondo esterno e sempre grazie alla personalità gli altri ci riconoscono come noi stessi, per i nostri comportamenti tipici.
La parola personalità deriva dal latino e significa “maschera”; quindi si riferisce alle apparenze esterne, alla condotta in rapporto con gli altri o con l'ambiente. Tuttavia la personalità non è solo lo stile di condotta di una persona, ma uno stile di adattamento all'ambiente che è in continuo cambiamento.

La personalità ha sempre affascinato gli studiosi di tutte le epoche e fin dai tempi più antichi si è cercato di catalogarla attraverso i tratti fondamentali degli individui e degli animali.

La personalità può essere influenza dall’aspetto fisico?
Sembra che IPPOCRATE, per primo, cercò a lungo il legame personalità-fisico nell’individuo. Dopo di lui molti altri studiosi intrapresero questa strada studiando la morfologia del corpo.
SHELDON arrivò a teorizzare l'esistenza di tre diversi tipi di costituzione corporea: gli endomorfi, con forme arrotondate soprattutto nella zona viscerale e del bacino; i mesomorfi, con forme squadrate e maggiormente sviluppati nel tono muscolare; gli ectomorfi, esili e di aspetto fragile. Lo studioso collegò queste tipologie fisiche a tipologie di personalità, immaginando che la propria apparenza e forma del corpo fossero fattori determinati della personalità, che veniva modellata in maniera indiretta (attraverso le relazioni sociali del soggetto).


La personalità può essere influenzata dalle abilità che si imparano nella vita?
Altri autori hanno abbandonato il legame personalità-corpo ed hanno cercato la personalità di un individuo nel suo cervello e nella struttura encefalica (forma della testa). Tra il settecento e l'ottocento lo scienziato GALL affermo' che era possibile riconoscere molte facoltà del carattere andando a studiare la testa del paziente. Secondo l’autore ognuna di queste facoltà era associata ad una zona cerebrale che, sviluppandosi, provocava una bozza sul cranio. Studiando le bozze presenti sulla testa di una persona era possibile, pertanto, capire quali tratti di personalità erano maggiormente sviluppati. (Inutile dire che si tratta di una teoria sbagliata perché le facoltà mentali sono delle funzioni molto complesse, anatomicamente impossibile localizzarle).


Cosa ci dicono le ultime teorie sulla personalità?
La personalità di un individuo varia a seconda delle informazioni ereditate e la teoria scientifica di riferimento è quella della trasmissione ereditaria dei caratteri, ideata da MENDEL. L'unità di informazione ereditaria si chiama gene; circa 20.000 geni formano un cromosoma. Le nostre cellule germinali sono formate da 23 cromosomi i quali, combinandosi nella riproduzione, danno origine ad un nuovo individuo, le cui cellule possiedono 23 paia di cromosomi, metà di origine materna e l'altra metà paterna. Il gene dominate è quello che da solo determina la comparsa del tratto, fisico o mentale che caratterizza in nuovo individuo.

Esistono molte altre teorie sulla personalità….…
Possiamo definire la personalità di una persona come quelle caratteristiche psicologiche e modalità di comportamento che formano il nucleo di un individuo che rimane ungule nonostante le molteplicità e diversità delle situazioni ambientali.
Detto in soldoni la personalità di un individuo è formata: da una parte centrale (o primaria) che non varia, rimane costante nel tempo e viene chiamata nucleo; e da una parte marginale (o secondaria) che si modifica. Le caratteristiche che differenziano le varie personalità sono chiamati tratti. (Esempio di tratti della personalità sono: l'attività o l’inattività; la prontezza o la quiete; ecc). Una personalità quindi è formata da un nucleo e da una serie di costellazione di tratti, che variano di intensità e di una gamma, andando a formate sfumature infinite nelle persone.
I tratti, secondo ALLPORT, sono una specie di filtro o lente distorsiva attraverso la quale il soggetto recepisce la realtà. Lo studioso identificò più di 17.000 tratti, ma una volta tolti i sinonimi, rimasero 4.500 tratti teorici di personalità.
Ogni persona secondo la Teoria dei Tratti di Allport, possiede: dei tratti centrali che influenzano il comportamento di un individuo; e dei tratti secondari che sono preferenze o avversioni che riguardano aspetti secondari del comportamento. L'ambiente, l'educazione e le esperienze possono modificare i tratti secondari ed avere qualche piccola influenza su quelli centrali.

In un lavoro successivo CATTEL riusci a ridurre i 4.500 tratti individuati da Allport, a 171 tratti di personalità ottenendo 36 raggruppamenti di questi tratti (Teoria Analitico-Fattoriale). CATTEL distinse tra tratti di superficie (gli aspetti esterni) e tratti sorgente o sotterranei (strutture che danno forma alla personalità).
Nell'uomo i tratti da considerare sono i quattro umori di base: la bile nera, la bile bianca, la linfa e il sangue. Dalla prevalenza assoluta di uno di questi quattro umori vengono le personalità pure che sono: il melanconico (dalla bile nera), il collerico (dalla bile bianca); il flemmatico (dalla linfa); il sanguigno (dal sangue). Tuttavia i tipi puri sono molto poco frequenti, ma si osservano molte combinazioni di questi tratti.

Dott. Emilio PALOZZI - psicologo

domenica 20 agosto 2017

Emozioni, conosciamole meglio per vivere meglio!


Tutti conosciamo le emozioni e tutti abbiamo a che fare con loto durante la nostra vita. Le emozioni sono presenti in ogni momento della giornata e mediano costantemente il rapporto che abbiamo con l’ambiente fisico e sociale. Proprio per questa loro importante funzione possono essere grande fonte di stress, soprattutto se non impariamo a gestire le nostre emozioni o più semplicemente a riconoscerle negli altri.
Ma conosciamo realmente cos’è un’emozione?
Iniziamo con il dare una definizione presente in letteratura: “l'emozione è una reazione somatica e affettiva intensa, di breve durata ed evidente, in risposta ad uno stimolo ambientale ed avente valore adattivo”.
Andiamo ad analizzare insieme alcune parti di questa definizione…..
La prima cosa da capire è che le emozioni hanno tutte una causa scatenante che è ben riconoscibile dalla persona che le subisce; in assenza di tale riconoscimento molti studiosi sono concordi nell’affermare che non si può parlare di situazioni emozionali.
Inoltre l’emozione si sviluppa sul piano conscio; questo significa che durante un’emozione siamo tutti consapevoli di essere emozionati.
Quando nella definizione si parla di “….reazione somatica….si intende che l’emozione provoca una modificazione di breve durata nel soggetto. Tale mutamento avviene a livello somatico, a livello vegetativo e a livello psichico. Detto in soldoni vengono alterate le funzioni vegetative (come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione); le funzioni motorie (tramite l'ipertensione muscolare) e le funzioni sensoriali (con possibili disturbi alla vista e all'udito). Le reazioni viscerali si manifestano con una momentanea perdita del controllo neurovegetativo, con conseguente incapacità temporale di astrazione dal contesto emozionale. I cambiamenti psicologici si manifestano come riduzione del controllo sul Se', con difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni e con una diminuzione delle capacità di metodo e di critica.
Queste componenti si attivano tutte quasi contemporaneamente ed il loro ordine di comparsa risulta casuale.
Quando si parla di “...evidente...si intende che le emozioni hanno in se varie componenti che le rendono chiare e visibili agli altri.
La componete emozionale fisiologica (già accennata sopra) consiste in cambiamenti relativi a processi biochimici. Quindi la risposta emotiva porta il soggetto ad aumentare la sudorazione e la temperatura cutanea, a dilatare le pupille, ad accelerare i battiti cardiaci. Inoltre vi sono delle variazioni dell'adrenalina e della noradrenalina, dell'ormone tiroideo e di quello ipofisario (naturalmente non osservabili ad occhio nudo).
La componente emozionale espressivo-motoria fa si che le emozioni siano osservabili a livello non verbale dagli altri.
La componente emozionale cognitiva consiste nella capacità di valutazione l'emozione. Questa capacita ci permette di riconoscere lo stimolo e le emozioni altrui, la piacevolezza-spiacevolezza, la funzionalità, o meno, e se l’emozione sia o meno compatibile alle norme sociali.
    Oltre a queste componenti emozionali vi sono: la componente motivazionale che riguarda il rapporto che c'è tra l'emozione e la motivazione e la componente soggettiva che associa l'emozione ad un vissuto emozionale proprio, al fine di poter tradurre in parole il proprio o l’altrui vissuto.
Molte persone considerano l'emozione come un elemento di disturbo del comportamento razionale. Esistono emozioni che vengono vissute in maniera talmente intensa da portate il soggetto a compiere comportamenti evitanti o disfunzionali. Un'emozione molto forte e sconvolgente impedisce il normale svolgimento dei piani che una persona ha elaborato. Tuttavia esistono emozioni moderate che
accompagnano le persone in ogni momento della loro vita (es. gioia moderata, curiosità) e che non le distolgono dal perseguire i loro obiettivi; anzi molte volte favoriscono la messa a punto di strategie più mirate ed adeguate.
Infine non possiamo scegliere il tipo di emozione da utilizzare in base alla situazione, in quanto le risposte emozionali sono innate e non apprese. Il primo a studiare in maniera scientifica l’emozione fu Darwin che assegnò all'emozione un valore adattivo, al fine di garantire la sopravvivenza della specie. Le emozioni quindi assumono un importante significato perché sono rivelatrici delle intenzioni dell'individuo e per questo motivo sono innate e non apprese. Tra i vari studi Darwin notò che alcune espressioni emozionali dell'uomo compaiono in forma simile in molti animali; alcune espressioni emozionali compaiono nei bambini molto piccoli nella stessa forma che negli adulti, prima che vi siano state grandi opportunità di apprendimento; alcune espressioni emozionali appaiono identiche nei bambini nati ciechi e in quelli con vista normale; alcune espressioni emozionali compaiono in forma simile in razze e gruppi umani ampiamente diversificati.


                                                                                                         dott.Emilio PALOZZI - psicologo

venerdì 11 agosto 2017

STRESS LAVORO-CORRELATO


Quante volte abbiamo sentito parlare di stress lavoro-correlato ……… ma sappiamo veramente di cosa si tratta?
Lo stress da lavoro, o come definito nell’Accordo Quadro Europeo, stress lavoro-correlato, è un insieme di reazioni fisiologiche, cognitive, emotive e comportamentali, che il lavoratore mette in campo dopo aver percepito aspetti avversi e nocivi provenienti dall’ambiente di lavoro.
Per completare questa definizione si deve tener conto degli aspetti soggettivi di ogni persona, pertanto quando si parla di stress lavoro-correlato si deve anche pensare che ogni lavoratore reagisce agli stimoli a cui viene esposto in maniera personale e sicuramente diversa dai suoi colleghi di lavoro.
Possiamo quindi dire che lo stress lavorativo deriva dall’interazione tra: i fattori inerenti l’organizzazione del lavoro (tipo di lavoro, ambiente lavorativo, carichi di lavoro, orari di lavoro, ruolo che si svolge all’interno dell’ufficio, responsabilità, sicurezza del lavoro, relazioni interpersonali e gerarchiche), le caratteristiche psico-fisiche del lavoratore (personalità del lavoratore, attitudini della persona, competenze, motivazioni, comportamenti, salute, etc.) e le caratteristiche socio-demografiche del lavoratore (condizioni economiche del lavoratore, relazioni personali, situazione familiare, integrazione sociale, etc.).
Quando questa particolare interazione, tra questi fattori, risulta squilibrata, si genera una condizione di “strain” (sforzo) dove il lavoratore “non ce la fa più” a svolgere al meglio il proprio lavoro.
Questa situazione porta conseguenze negative sul lavoratore che diventa più esposto all’insorgenza di patologie di varia natura; ma porta anche delle conseguenze negative all’azienda o ufficio in cui il dipendete lavora, perché il lavoro non viene eseguito al meglio, o in certi casi non viene eseguito proprio.
Gli studi sull'argomento stress lavoro-correlato hanno posto l’attenzione soprattutto sui fattori oggettivi e sui fattori soggettivi.
I fattori oggettivi sono aspetti caratteristici dell’organizzazione lavorativa o del posto di lavoro; sono definiti “oggettivi” perché sono percepibili da tutte le persone che “occupano” l’ambiente lavorativo, naturalmente ogni lavoratore percepisce tali fattori in maniera differente che varia a seconda delle caratteristiche personali dell’individuo. I fattori oggettivi possono essere divisi in quattro sotto-categorie:
  1. Le richieste dell’organizzazione; inteso come i compiti a cui il lavoratore è chiamato a corrispondere all’interno dell’ufficio;
  2. Il controllo o sorveglianza; ossia la possibilità di non poter scegliere o gestire il carico di lavoro, i turni lavorativi e i ritmi di lavoro, oltre al non poter ridurre la monotonia e la ripetitività del lavoro;
  3. La ricompensa; intesa come la forma di riconoscimento, gratificazione economica e altro, derivante dalle proprie prestazioni lavorative;
  4. Il supporto; ossia l’insieme delle risorse (soprattutto umane e relazionali) messe a disposizione dall’organizzazione lavorativa di cui il lavoratore può disporre nei momenti problematici.
I fattori soggettivi devono essere ricercati in ogni lavoratore, in quanto sono le personali modalità di ogni persona che mette in atto per affrontare le situazione lavorativa.
Molti di questi fattori (oggettivi e soggettivi) possono essere studiati analizzando i parametri fisiologici dell’individuo che risultano alterati in presenza di stress (per esempio: escrezione di catecolammine, cortisolo, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, livelli di vigilanza, sonno, ecc). Inoltre un attento esame della morbilità e del relativo assenteismo possono essere un valido aiuto nello studio dello stress.
Ma come si distingue lo stress lavoro correlato dallo stress extra lavorativo?
Tutti gli uomini nel corso della loro vita vanno incontro allo stress, ma come facciamo allora a distinguere lo stress provocato dal lavoro dallo stress proveniente dalla sfera privata o extra lavorativa dell'individuo?
I sintomi che ci indicano la presenza di problemi stressanti correlati al lavoro possono essere di vario tipo.
I Sintomi di tipo Organizzativi possono essere riassunti dai comportamenti tipici che il lavoratore assume, di punto in bianco, nella sua vita lavorativa verosimilmente per eludere il lavoro o il compito assegnato. Alcuni di questi comportamenti possono essere: l’aumento dell’assenteismo lavorativo, il turn over lavorativo, la conflittualità con i superiori e le difficoltà relazionali, la bassa qualità delle prestazioni lavorative, l’aumento degli infortuni e/o delle malattie professionali, il frequente cambio di mansione, i vari problemi disciplinari, etc.
I sintomi di tipo Comportamentali sono tutti quei comportamenti che il lavoratore assume prima di svolgere (o nello svolgimento) dei compiti assegnati. Alcuni di questi comportamenti possono essere: la crescente indecisione e insicurezza durante il lavoro; la grande irrequietezza sul lavoro, l’impulsività crescente, la diffidenza (nei soggetti già diffidenti l’aumento della stessa), la ridotta capacità di giudizio, l’aumento degli errori durante l’attività lavorativa, la voglia di isolarsi, la crescente difficoltà nei rapporti interpersonali, l’assunzione di alcool o sostanze calmanti/stimolanti, i disturbi del comportamento alimentare, etc.
I Sintomi Psicologici sono riassumibili in alcune “difficoltà” o “stati mentli” che il lavoratore avverte durante lo svolgimento del compito lavorativo. Alcuni di questi sintomi possono essere: la ridotta concentrazione e attenzione durante il lavoro, la memoria meno reattiva, l’aumento del nervosismo e irritabilità durante il lavoro, il costante stato ansioso e apprensivo, le crisi d’identità, autocommiserazione, crisi di pianto, tendenza a fantasticare, pessimismo e cattivo umore, etc.
I sintomi Fisici/Psicosomatici sono dei veri e propri disturbi vissuti dal lavoratore. Alcuni di questi disturbi possono essere: disturbi dell’alimentazione, disturbi gastroenterici, disturbi cardiocircolatori, disturbi respiratori, disturbi urogenitali (alterazioni mestruali, incontinenza), disturbi sessuali, disturbi locomotori (dolori lombari, reumatismo psicogeno), disturbi dermatologici, disturbi del sonno, etc.
Gli effetti dello stress lavoro correlato sui lavoratori possono essere di diversa entità, il danno dipende dal livello e dalla durata dello stress a cui la persona viene sottoposta.
Dott. Emilio PALOZZI - Psicologo

Bibliografia/sitografia
> Appunti di psicologia del lavoro (stress, benessere, clima, salute e sicurezza sul lavoro) - UNGARO Ugo, PIRRO Barbara, – Edizioni Kappa, 2013;
> Nuovo dizionario di psicologia – Doron, Parot, Del Meglio – Borla Editore; 
> Lo stress nei luoghi di lavoro, profili psicologici, giuridici e metodologie di valutazione - CORRADINI Isabella, LAMBERTUCCI Pietro, – Edizioni Themis, quarta edizione 2015;